Poesie di Ivan Pozzoni - La prima parte (Preparato da Angela Kosta)

Poesie di Ivan Pozzoni - La prima parte (Preparato da Angela Kosta)
CICLO POETICO DA IVAN POZZONI - ITALIA
La prima parte

Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976. Ha introdotto in Italia la materia della Law and Literature. Ha diffuso saggi su filosofi italiani e su etica e teoria del diritto del mondo antico; ha collaborato con con numerose riviste italiane e internazionali. Tra 2007 e 2018 sono uscite varie sue raccolte di versi: Underground e Riserva Indiana, con A&B Editrice, Versi Introversi, Mostri, Galata morente, Carmina non dant damen, Scarti di magazzino, Qui gli austriaci sono più severi dei Borboni, Cherchez la troika e La malattia invettiva con Limina Mentis, Lame da rasoi, con Joker, Il Guastatore, con Cleup, Patroclo non deve morire, con deComporre Edizioni.

BOLOGNA

Portici inscatolati nella nebbia d’una città assolata,
assetata di avanzamento, tornata in serie A,
crocevia di cento idee, mille idioletti a dialetto, mille voci dissonanti,
madre di versi e sorella d’università,
suora dentro, etera fuori
astuta mendicante trasfigurata con vesti ed ori,
Bologna.

Bologna,
marrana assonnata da agguati in trattoria,
città d’arti, città d’anarchia,
tenda canicolare d’extracomunitari d’ogni razza,
capricciosa malandrina, testa di cazzo e cuor di ragazza.
Piazza di bombe, viagra e passione,
maniera carducciana, tormento di rivoluzione,
bistecca al sangue e backstage da pornodive
ci strazi a morsi coi denti bianchi caduti nella neve.

Guccini brado bardo t’ha cantata con accento emiliano;
un cantore, umile, d’inciviltà industriale, ti verserà in lombardo,
a bicchieri di Sangue di Giuda adagiato su fette di lardo.

JANA WENT TO PRAGUE

Jana went to Prague
chiudendo a chiave in un cassetto
tutta la dolcezza dei suoi cristalli di bohèmienne,
si sente in trappola, chiusa fuori da ogni gabbia,
e, rimanendo alla finestra, abbracciata alle sbarre,
osserva incuriosita la confortevolezza della non libertà.

Jana went to Prague
mettendo nella sua borsa tutti i suoi dipinti, le sue idee,
la sua interpretazione triste della ferinità brutale di ogni maschio,
inchiodato sulla carta, condannato, come mero organo,
a suonare nelle chiese durante i funerali,
a trasportare l'inaffidabilità dei propri ormoni
come macigni di Tantalo.

Jana went to Prague
col cuore scoraggiato dalla noia della solitudine,
dimenticando il coraggio di noi free spirits
nel resistere alle svendite o ai saldi di emozione,
moderando i nostri istinti alla soddisfazione,
tiene stretti nelle sue mani d'artigiana,
fredde come sanno essere fredde le mani delle ragazze di Karlovy Vary,
i disegni di un drago, i segni degli incisivi dell'amore di sua figlia
incastonati, come fosse ambra, nella dura plastica di un sex-toy.

Jana went to Prague
con il suo sorriso da diamante smarrito in un giardino
a mettere in discussione il suo indiscutibile valore
davanti a un bicchiere di vino e di imbarazzo,
l'imbarazzo angosciato di noi dirty persons,
quando cerchiamo di rateizzare le nostre schiavitù,
affidandoci alle braccia di chi ci mostra scarso interesse.

Jana è andata a Praga, e non so se tornerà,
inebriandomi ancora col sapore del suo sorriso
con la contagiosità del suo profumo,
con l'entusiasmo della sua pelle,
Jana è andata a Praga, e io sarò lì, con lei.

BRONCHOPNEUMONIA

Sei arrivata dalle oscure terre del freddo Est,
riarse dai roghi luminosi di Jan Hus e di Jan Palach
- mi ricordano il suono indistinto del tuo nome
che non so ancora dire, che non so ancora urlare-,
sei arrivata con una borsa piena delle mie fatiche di Ercole
senza riuscire a scambiare i tuoi occhi coi miei occhi,
senza riuscire a scioglierti sotto i colpi del sapore corrosivo del mio alito
(la mia lingua taglia, erode, brucia).

Alle anime gemelle non occorrono due anime,
si scontrano come corpi nella concretezza della terra,
si scontrano sulle bollette da pagare, sui conti in rosso, su vite in bilico,
alle anime gemelle non occorrono due corpi
attraverso cui scopare, rotolandosi voluttuosamente in letti madidi
su cui restano impressi i segni delle catene,
alle anime gemelle non occorrono due menti,
alle anime gemelle non occorrono due cervelli,
alle anime gemelle non occorrono due cuori.

Sei volata via come la brezza del fantasma di un amore fragile
lasciandomi il compito di rimettere insieme i cocci
della nostra nuova lingua: italiano - english - český,
in un threesome che, ragionevolmente, caratterizzerà la nostra storia,
a fare i conti con il tuo timore di amare e la mia incapacità d’essere amato,
a tossire, a vomitare sangue, a bruciare (due mesi?)
d’una inarrestabile bronchopneumonia amorosa.

Alle anime gemelle non occorre niente,
bastano a se stesse, figurine doppie
sovrapposte sull’album dei ricordi della vita,
a mettere in rilievo un attimo brillante di felicità
al tatto di un Dio che colleziona cadaveri e esperienze altrui,
a Milano, a Karlsbad, o a Milansbad.

RINO

Prima che la critica si accorga che esista
dovrò fare la fine drammatica di Rino Gaetano,
senza che l’airbag che protegga l’autista
senza che il tempo mi tenga la mano.

Battere, battere, battere i tasti
battere forte, battere ancora
coll’emergenza di acuti scoliasti
che cambieranno l’ordito com’è ora.

E io intanto scrivo, piangendo lacrime di cinnamomo,
nel cuore la donna che ha miscelato i miei cromosomi,
mi tocca vivere di chicane come in autodromo,
col coltello tra i denti a rivedere tutti i miei assiomi.

Non sono certo di riuscire a sopravvivere
dopo tanta sofferenza e dolore,
al massimo mi ritroveranno cadavere,
arrivando a sentire il mio cattivo odore.

LEOPOLDUS

Mando questa mia raccomandata a Leopoldus von Attolicus,
certo che nel rapporto di forze lui sia Pompeo o Crasso ed io sia Spartacus,
sperando che la risposta non arrivi mediante piccione viaggiatore,
mio nonno, sangue valligiano, aveva dote di grande cacciatore.

Chiedo a Leopoldus von Attolicus e alla sua vivace ironia salace
di spazzar via doppielingue e critici letterari, come Traiano con un dace,
senza riuscire a volermi mai essere maestro di dizione,
chi l’ha fatto nascondeva sempre manovre d’addomesticazione.

Tentò, anni fa, a racchiudermi nella tela che ammazzò Simone il Gran Maestro dei sarti,
l’ultimo fu, invece, doppialingua, il Jep Gambardella de’ noantri,
in mezzo il flâneur con l’Alzheimer e l’esito contemporaneo d’una merda d’artista,
oramai sto lontano dai maestri - non soffro i Ponteggi - il fegato amaro m’ha trasformato in etilista.

Leopoldus von Attolicus, io, discendente di Villon, arrogante scribacchino,
ti chiedo di dedicarmi un motteggio o dei versi di spirito che mi ubriachino:
meglio, senza mezzi termini, crepare fulminati da cirrosi epatica
che morire, lentamente, confinati in questo star system d’arte apatica.
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A cura di Angela Kosta