Poesie di Ivan Pozzoni - Seconda parte (Preparato da Angela Kosta)

Poesie di Ivan Pozzoni - Seconda parte (Preparato da Angela Kosta)
CICLO POETICO DA IVAN POZZONI - ITALIA
Seconda parte
 
Quando ti svegli nella notte e ti avvicini, fragorosa, al batter dei miei tasti
chissà se è me che cerchi, chissà se è me che trovi,
col comportamento di una scimmia allo specchio, la scienza afferma ogni tua inconsapevolezza
e non ricusa, nell’homo sapiens, la stessa consapevolezza con l’esperimento della televisione,
mass-media, esiste chi vive o vive chi esiste auto-identificandosi dentro a un video,
mass-media, la somma dei valori numerici delle masse cerebrali, fratta del loro numero.
Quando guaisci, piangi? O è solamente una danza indeterminata di interazioni neurali
a muoverti, muscoli, sentimenti, sogni? Quando dormi, sogni?
Mi scopro, a volte, a interrogarmi sulla nostra reciprocità:
sentiamo un amore senza condizioni, una resa incondizionata, vicendevole,
e tu sbadigli, disinteressandoti d’ogni feedback, forse soddisfatta
dall’immediatezza di una carezza, dall’autenticità di un sorriso o di uno scodinzolio.
Quando non ci siamo, soffri? O è soltanto l’ipostatizzazione di una nostra mancanza,
a muoverci muscoli, sentimenti, sogni? Quando ci studi, con il tuo naso indagatore da cerbiatto,
rifletti o agisci d’impulso? Esisti, o non esisti? Esisto, o non esisto?
Perché se non esisti, mio amore innocente, rifiuto d’esistere anch’io,
e se rifiuto d’esistere, rinuncia ad esistere il mondo stesso.
Sei la Tenochtitlan dell’ontologia, nata come fico d'India alla base della roccia,
ritrovata - nessuno ti avrebbe mai coperta- da Álvar Núñez Cabeza de Vaca,
sei stata saccheggiata dai conquistadores corsari della logica di Port-Royal
e ridotta, da animali senz’anima, a oggetto inanimato del binomio schiavo / padrone,
senza aver mai considerato che cambi le nostre vite più di Marx e della sua inutile rivoluzione.

L’EPATITE IVA

Il contribuente italiano medio tra tasse, imposte e accise
subisce morsi e ricorsi stoici peggio che alla Corte d’Assise,
navigando sempre in cattive acque, lo hanno dichiarato santo
e contro le scottature da cartella esattoriale usa la tuta d’amianto.

L’epatite IVA è una malattia altamente contagiosa,
il cuneo fiscale ha la funzione di un catetere senza ipotenusa,
drenare liquidi dai buchi neri dei conti correnti non millanta
l’idea di far chinare concittadini sofferenti a quota Novanta.

La metafora del drenaggio, verso lo Stato italiano, non è balzana,
l’Agenzia delle Entrate ci rivolta i calzoni come indomita mezzana,
la malattia è ormai cronica, come terapia sedativa resta la flat tax
la calma piatta dei mercati internazionali non ci facilita il relax,
tra salvare 5.000.000 di italiani o incrementar lo spread
la scelta è tanto semplice che non ci vorrebbe un Dredd,
speriamo solo che un nuovo dottor Sottile non emetta prelievi forzati
sul 6‰ dei conti correnti dei soliti disgraziati.

ROGITO ERGO SUM

Preda di un brutale scollamento tra Bund e BTP,
senza che ci tragga in salvo alcun modello CCCP,
la nuova parola d’ordine è investire sul mattone
che con il crollo delle borse inter-stellari ogni risparmio è un’illusione.

Se la banca ci concede un mutuo bisogna levare alti i nostri tedeum
e scaraventarci a scegliere tra un parquet o un linoleum,
nascono, come funghi, agenzie immobiliari ogni due m²,
immobiliaristi dall’occhio bovino che ci costringono a diventar mezzadri,
decerebrandoci in attività tipo il misurare una chaise longue,
con i neuroni ancorati a Malta come le navi di una Ong.
Lo Stato feudatario c’accorda lo ius primae casae
nuovi acquisti e ristrutturazioni sono adito d’ukase,
chi riesce, a fatica, a svincolarsi dal contratto d’affittanza
è bandito dalle liste del reddito di cittadinanza,
e avrà l’onore di finire a fare il barbone
con il culo sul divano davanti alla televisione.

Monolocale, cantina, bilocale, box, trilocale
cantori, senza ascensore, abituati a far le scale,
cerchiamo, allucinati, di non finire in uno slum,
al grido unanime di rogito ergo sum.

SPAZZA TOUR

La mia abitudine di cantarvi resoconti metrici
sulle brutte abitudini dei concittadini ai vertici
non deve assuefarsi nel farvi abituare
che soltanto i politici facciano cagare.

La g(g)ente è un abuso dell’uso del buso
- la (g) di rinforzo non è mica un refuso-,
ciascuno a competere nel non essere men scaltro
e nel fare il ricchione col culo dell’altro.

C’è chi lavoro e sudore non fanno assonanza,
tutti in coda in attesa del reddito di cittadinanza,
c’è chi tira, senz’onta, a mendicar due lirette
con l’assillo avvilente di scroccar sigarette.
C’è chi sbafa due versi al suo micro-editore
e elemosina a rate anche il televisore,
c’è chi impone al ragazzo una Mercedes in titanio
lasciando al suocero i conti del suo matrimonio.

C’è chi considera studiare un atto d’insania
e sentenzia che il Nilo si trovi in Germania,
c’è chi spara minchiate da ogni orifizio
e corre a chiudere i nonni all’ospizio.
C’è chi trova conforto in un bel rosatello
e non salta una sera del Grande Fratello,
c’è chi è arrivato in canotto senza neanche una giacca
definendo l’Italia un paese di cacca.

Questo non significa che i vari Juncker
della Commissione usuraia
non brucino l’ossigeno dei cittadini europei peggio d’una caldaia.
Non bisogna dimenticare che bersagli della malattia invettiva
devono essere anche i grigi bonhommes senza alcuna attrattiva
e che tra i piccoli esempi che ho messo alla gogna
il più pulito ha la rogna.

GLI UOMINI SENZA COGNOME

Gli uomini senza umanità non hanno il cognome,
vivono, inintelligibili, come uno spartito di sole semibiscrome,
coltivando il loro misero orticello, due camere e un bagno,
in cerca di condoni reiterati, su terreni del demanio.

Gli uomini schiavi dell’indifferenza non hanno il cognome,
ci immunizzano, inutili, come la milza nell’addome
dal fervore, dall’interessamento, dalla solidarietà civile,
convertendo l’egotismo dello stilita in uno stile.

Gli uomini senza intelligenza non hanno il cognome,
martellano, propagandistici, con l’arroganza di una réclame,
condannando il mondo a un’esposizione a 100.000 röntgen
col contegno truffaldino della piramide di Chefren.

Gli uomini senza cognome, si chiamino Roberti, Lorene, Glorie,
devono essere affogati dentro ettolitri di damnatio memoriae,
non ci devono tangere, novelli Mario Chiesa,
ché buttare i nostri valori nel cesso non è una bella impresa.
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Preparato da Angela Kosta